Ci sono tradizioni che si tramandano senza bisogno di parole. È un vassoio portato in casa con orgoglio, un morso rubato mentre il suo profumo dorato è ancora nell’aria, il velo di carta che si piega nel palmo.
A Napoli, la Festa del Papà ha un sapore preciso: quello della zeppola di San Giuseppe. Un dolce che è più di un dolce, un rito che ogni 19 marzo si rinnova tra pasticcerie affollate, file pazienti e il profumo inconfondibile di crema e amarene nell’aria.
Perché il papà si festeggia così: con un morso che sa di casa, di affetto, di attesa.
Un morso di tradizione
A Napoli, le stagioni si misurano con i dolci. Appena il Carnevale si congeda con il suo ultimo lancio di coriandoli, ecco che l’aria si riempie di un nuovo profumo, quello che annuncia la Festa del Papà.
Qualcuno dice che non c’è impasto dorato per cui non valga la pena di aspettare, e a giudicare dall’attesa paziente davanti alle vetrine delle pasticcerie, dev’essere proprio vero. Finita l’era delle chiacchiere, è tempo di zeppole.
La leggenda vuole che San Giuseppe, fuggito in Egitto con Maria e Gesù, si reinventò venditore di frittelle per provvedere alla famiglia. Un padre che cucina per i suoi cari: esiste immagine più potente?
Secoli dopo, Napoli ha trasformato questo gesto in un capolavoro di pasticceria. Impasto leggero, crema pasticcera dorata, amarene dal sapore pieno, una spolverata di zucchero a velo. Semplice, perfetta.
La vera domanda è sempre la stessa: fritta o al forno?
La risposta divide le famiglie, come ogni tradizione che si rispetti. C’è chi sostiene che solo l’olio bollente possa donare alla zeppola la sua anima croccante, e chi invece la preferisce al forno, più delicata, meno peccaminosa.
Ma la verità è che, qualsiasi sia la tua scelta, una sola non basta mai.
Un classico che sa sempre sorprendere
Nel laboratorio di Chalet Ciro, la zeppola non è solo un dolce, è un’istituzione. Il segreto è lo stesso da sempre: ingredienti scelti con cura e una lavorazione che segue il ritmo del tempo, senza scorciatoie.
L’impasto viene lavorato fino a raggiungere il perfetto equilibrio tra morbidezza e consistenza. La crema pasticcera, preparata con uova freschissime e latte intero, è vellutata e profumata. Le amarene, immerse in uno sciroppo che bilancia dolcezza e acidità, sono il sigillo di un sapore che non tradisce mai.
Poi, ogni anno, la tradizione si lascia tentare da qualche variazione. Un pizzico di creatività, giusto il necessario per sorprendere senza tradire le radici.
C’è chi ama la zeppola al pistacchio, con la sua crema profumata e una granella che scrocchia sotto i denti.
Chi si lascia sedurre dalla versione “cassata”, dove la ricotta dolce incontra i canditi in un abbraccio siciliano.
Chi non resiste alla tentazione della zeppola al cioccolato, dove il cacao si insinua nell’impasto e si fonde con praline croccanti.
E poi c’è lei, la Zeffola di San Giuseppe: la soffice anima della graffa si veste da zeppola, unendo due icone della pasticceria partenopea in un solo, irresistibile morso.
Tutto cambia, ma certe cose restano. E a ogni morso, torna la consapevolezza che questa festa, senza zeppole, non sarebbe la stessa.
Buona Festa del Papà, a chiunque il papà lo faccia
Si dice che per capire un padre basti osservare le sue mani. Ci sono mani ruvide, forti, abituate alla fatica. Mani che accarezzano, che insegnano, che proteggono. Mani che impastano, che lavorano ogni giorno con pazienza, che danno forma alla dolcezza, esattamente come fanno i papà.
Perché la cura è fatta di gesti semplici, ripetuti, quasi silenziosi. È nelle mani di chi crea, di chi si prende cura, di chi condivide.
E poi ci sono le mani che, ogni 19 marzo, si allungano verso un vassoio di zeppole con lo stesso entusiasmo di quando erano bambini. Perché in fondo, anche i papà, davanti alla dolcezza, tornano un po’ figli.
E tu, hai già scelto la zeppola con cui dirgli “Grazie”?
Perché poi – per quanto bene gli vogliamo – pare che sia di tutti la difficoltà di confessare certe cose, al papà.
Ma forse, il miracolo della zeppola è proprio questo.
In bilico tra la croccantezza e la morbidezza, parla di un affetto che non ha bisogno di tante parole.
Chalet Ciro, I make You Happy